martedì 14 aprile 2015

L'Estetometria: Il Corpo nel Rock

Salve, mi chiamo Enrico e nel tempo libero mi occupo di Estetometria musicale. La disciplina estetometrica è poco affermata in maniera indipendente (sebbene se ne faccia largo uso su tante riviste online) e se ancora non l’avete trovata sul vostro Devoto-Oli è perché è una parola che non rientra nel nostro vocabolario, ma che possiamo trovare in quello portoghese. L’ho tradotta per i non bilingue con Google Translate: “valutazione delle dimensioni del torace”. Lì mi sono accorto che l’Estetometria non esiste. È un neologismo di un folle con la mania per i voti di album e gruppi musicali.

Dopo anni di disamina delle valutazioni di riviste, webzine, riviste online, dopo anni e anni di siti di classifiche spulciati (Scaruffi.com, Ondarock, Pitchfork etc.) mi sono accorto che una cosa non ha voto: l’esibizione della band. Si, esistono dei concerti recensiti qui e lì, qui e lì si vede il report di un live, ma nessuno dà un voto ai corpi dei musicisti. Nessuno, in musica, si prenderebbe la briga di dare un voto ai concerti per come si muovono i corpi dei musicisti. Eppure la cosiddetta “presenza scenica” è un fattore ineliminabile per qualsiasi musicista. Mi sono chiesto: è valutabile anch’essa? Quanti punti prenderebbe Jimi Hendrix che brucia la sua chitarra? Ian Curtis che balla (se di ballo si possa parlare)?  E come considerare la discrepanza che c’è tra presenza scenica di alcuni musicisti e la musica prodotta? Consideriamo che spesso musicisti mostruosi hanno una presenza scenica pari a zero. Magari guardi quattro ore un concerto con delle statue di cera sul palco. Come se stessero suonando qualcos’altro da qualche altra parte o per qualcun altro.
Il concerto rock consente un certo coinvolgimento anche grazie al musicista-feticcio-vate, che si presenta con degli elementi fondamentali sul palco: strumentazioni, abiti, luci, fumo, fuoco, lampi e saette. Ma con il proprio corpo in primis. L’esecutore, visto nell’ottica del didatta della materia, è un soggetto che produce musica. Si, ma con il corpo. Ugole, dita o mani, principalmente, ma anche  piedi, toraci, bocche chiuse, nasi, ascelle. Con tutto il corpo. Basti pensare alla cassa toracica di Bobby McFerrin percossa a mo’ di tamburo o il microfono posto sulla gola di Colin Steson mentre suona il sax. Pezzi di corpo allenati da anni di pratica musicale, sale prove e calcamento di palco. 
E il resto del corpo? Cosa fa durante la performance?
In base al genere musicale si cimenta in balli, acrobazie, salti in alto, contorsioni, in movimento. Ed è anche questo movimento che aggiunge qualcosa alla musica ascoltata, come fosse un amplificatore della musica suonata. Siamo lì per goderci lo spettacolo e vedere cosa succede, per assistere allo show e perpetuare il rito della musica, come se uscisse per magia da corpi ventriloqui, mentre invece è tutto merito di un corpo più o meno allenato all’esercizio musicale. Un corpo totale, presente, eppure spesso dimenticato. E non valutabile in modo quantitativo.
L’estetometria cede il passo quando il corpo suona la musica.

Enrico Strano

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