martedì 3 febbraio 2015

Perché esplodere significa esistere

Nel silenzio più irreale come solo il silenzio vero può apparire, in un non_spazio e non_tempo, d’un non_tratto accadde qualcosa per cui, miliardi di anni dopo, io adesso scrivo, qui seduto di fronte a un computer la cui materia era già in quel non_momento lì, quello che chiamano big bang, il grande scoppio [che non è un famoso fruitore di droghe che con esse si è fuso il cervello].

Da quello scoppio cominciò la materia, lo spazio, cominciò a scorrere il tempo, la luce, lo spaurimento delle stelle, delle galassie, le grosse pietre come pianeti.

Ogni cosa ebbe fragorosamente [forse senza il minimo suono] inizio con e da un’esplosione come non se ne erano mai viste prima [letteralmente] e quasi certo come non se ne vedranno più dopo.

Per esistere bisogna esplodere, venir fuori d’un fiato o di un botto e così, come pitoni mitologici, ci siamo fermati, ci siamo induriti la pelle e, poi, bang!

becco sotto guscio

bollicine contro tappo

lacrima da dotto

vapore intermittente per coperchio

fuoco d'artificio

vagito da urlo


Qui si esplode, per non implodere.

F. Alessandro Motta




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