Di Labirinto 34 – le
tre giornate d'arte nate dall'efficace sinergia di Ossidi di Ferro e
Collettivo Flock – vi abbiamo già ampiamente detto. Quello che
forse non tutti sanno è che all'interno della rassegna uno spazio
importante è stato dedicato anche alla danza. Non pensate però alle
solite esibizioni da saggio scolastico o a ingessate coreografie da
balletto classico. Parliamo di danza contemporanea di ultima
generazione, libera, dirompente, viscerale, d'impatto. Protagonisti
della performance tre giovani danzatori barcellonesi-messinesi,
Damiano Bucca, Silvia Oteri e Giovanna Perdichizzi. Tre performer che
stanno attualmente mettendo a punto il loro stile frequentando i
corsi del Modem Studio presso Scenario Pubblico a Catania, un
nevralgico punto di riferimento nell'isola per le più aggiornate
tendenze della danza contemporanea di respiro europeo nonché
residenza fissa della Compagnia Zappalà, che tiene alto il nome
della Sicilia nel mondo.
La performance, eseguita
in una delle suggestive sale di Palazzo Calabrò nella giornata di
domenica 28 dicembre e replicata in diversi momenti della serata, ha
raccolto l'entusiasmo e il vivo interesse del pubblico barcellonese.
Non è certo facile per un danzatore avvezzo a palchi e strutture
adeguate ballare scalzo sul nudo e gelido pavimento di un'algida
stanza d'appartamento. Complicazione che tuttavia sembra non aver per
nulla scoraggiato i giovani performer che hanno regalato ai presenti
uno show intenso e coinvolgente, a partire dall'accurata selezione di
una colonna sonora onirico-atmosferica, alla qualità di una danza
fluida, energica, ben equilibrata nei vari momenti piano-forte, ad
una fisicità solida e presente che ha sfidato le leggi di gravità
correndo in verticale sulle pareti della sala nelle fasi più
concitate.
Esito quindi
assolutamente positivo per questo primo esperimento coreutico che, ci
auguriamo, sia solo l'inizio di una lunga serie di eventi che aprano
una nuova brillante stagione per la danza barcellonese. Noi di Ossidi
saremo sempre in prima linea per raccontarvela.
Marco Salanitri
(le foto sono di Salvo Bombara)
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