Dai fiori dei capperi nascono i cucunci e anche il nostro blog produce i suoi frutti.
Cucunci è la nuova rubrica di Capperi a cura di Andrea Cafarella. Ogni mese due appuntamenti con degli autori: direttamente con le loro pagine e le loro parole.
Tema del giorno: Racconti onesti di vita di coppia
S'avvicinò a Bice, si mise a sbottonarla sul collo, sul petto, a far scorrere il vestito sulle spalle. Gli erano venute in mente certe fotografie di donna ottocentesche, in cui dal bianco del cartoncino emerge il viso il collo la linea delle spalle scoperte, e tutto il resto svanisce nel bianco.
Quello
era il ritratto fuori dal tempo e dallo spazio che ora lui voleva:
non sapeva bene come si faceva ma era deciso a riuscirci. Piazzò il
riflettore addosso a Bice, avvicinò la macchina, armeggiò sotto
il drappo per regolare l'apertura dell'obiettivo. Guardò. Bice era
nuda.
Aveva
fatto scivolare il vestito fino ai piedi; sotto non aveva niente;
aveva fatto un passo avanti; no, un passo indietro che era come un
avanzare tutta intera nel quadro; stava dritta, alta davanti alla
macchina, tranquilla, guardando davanti a sé, come se fosse sola.
Antonino
sentì la vista di lei entrargli negli occhi i occupare tutto il
campo visivo, sottrarlo al flusso delle immagini casuali e
frammentarie, concentrare tempo e spazio in una forma finita. E come
se questa sorpresa della vista e l'impressionarsi della lastra
fossero due riflessi collegati tra loro, subito premette lo scatto,
ricaricò la macchina, scattò, mise un'altra lastra, scattò,
continuò a cambiare lastra e scattare, farfugliando, soffocato dal
drappo: - Ecco, ora sì, così va bene, ecco, ancora, così ti
prendo bene, ancora.
Non
aveva più lastre. Uscì dal drappo. Era contento. Bice era davanti
a lui, nuda, come aspettando.
-
Adesso puoi coprirti, - disse lui, euforico, ma già con fretta, -
usciamo. Lei lo guardò smarrita.
-
Ormai ti ho presa, - disse lui.
Bice
scoppiò a piangere.
Tratto
da L’avventura
di un Fotografo
Italo
Calvino, Gli
Amori Impossibili,
Mondadori ‘Oscar’, 2015, Prima Edizione Oscar ‘Opere di Italo
Calvino’, 1993.
Wes
aveva qualche soldo da parte, perciò non mi sono dovuta mettere a
lavorare. E in pratica Chef ci faceva usare la casa per un affitto
ridicolo. Il telefono non ce l’avevamo. Pagavamo le bollette del
gas e della luce e facevamo la spesa al supermercato Safeway,
approfittando delle offerte speciali. Una domenica pomeriggio Wes è
uscito a comprare uno spruzzatore per il giardino ed è tornato con
qualcosa per me. È tornato con un bel mazzo di margherite e un
cappello di paglia. Il martedì́ sera andavamo al cinema. Le altre
sere Wes andava agli incontri che lui chiamava gli «Smettila di
bere». Chef lo passava a prendere in macchina e lo riportava davanti
casa appena finivano. Certi giorni io e Wes andavamo a pescare trote
in uno dei laghetti d’acqua dolce lí vicino. Pescavamo dalla riva
e ci mettevamo tutto il giorno per prendere qualche piccola trota.
Tanto ci bastano, dicevo io, e la sera stessa le friggevo per cena.
Certe volte mi toglievo il cappello e mi addormentavo su una coperta
stesa accanto alla mia canna. L’ultima cosa che mi ricordavo erano
le nuvole che mi passavano sopra la testa e se ne andavano verso la
valle. La sera Wes mi prendeva tra le braccia e mi chiedeva se ero
ancora la sua ragazza.
Tratto
da La
Casa di Chef
Raymond
Carver, Cattedrale,
Einaudi ‘Super ET’, 2014 Titolo originale Cathedral,
traduzione di Riccardo Duranti, Prima Edizione ‘Supercoralli’,
2011.
I
nostri corpi, cresciuti in età in cui non avevamo la minima idea di
che cosa volesse dire stare al mondo, sono migliori di noi, più̀
esperti, questa è la verità, e quando ce ne accorgiamo, piano,
quasi casualmente, ci guardiamo e poi prendiamo ad accostarci in un
modo che è quello di due neonati handicappati. Non ho soltanto
bisogno che lei mi tocchi, mi accarezzi, sfreghi la sua pelle contro
la mia, ma avrei bisogno che mi scorticasse, che riuscisse a
togliermi di dosso ogni traccia di buone intenzioni, di gentilezza.
«Non
riesco a non provare risentimento». Mi alzo sui gomiti per
guardarla.
«Risentimento
per cosa?»
«Per
questo, perché già adesso sei via. E incamero il nervosismo per
poi. Per come non ci sarai poi». Volevo dire qualcosa di amorevole,
ma le parole al contatto dell’aria si ossidano.
«Pensi
sempre alle cose come un abbandono. Prendi la distanza come una
condanna».
«Il
fatto che stai qui. Che qui c’è un corpo. Non lo capisci?»
«Scarichi
su di me la colpa di questa cosa che non esiste».
«Non
lo capisci».
Tratto
da Il
mio Giogo è Soave
Andrea Cafarella
Artwork: Gloria Di Bella
Artwork: Gloria Di Bella
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