mercoledì 23 gennaio 2013

Body Art, Don De Lillo


Titolo originale: The Body Artist [!]





“So, [ ] beauty remains in the impossibilities of the body” 
[Beauty, Einsturzende Neubauten] 










improvvisamente il rumore di un corpo che si muove nello spazio, un altro da noi 
- era inevitabile, lo sai -
e in un istante di assoluta lucidità una ghiandaia azzurra è lì fuori, mi guarda, guarda me che 
sono in questa casa, tutti i gesti che servono e non servono, e io so di esistere perché c’è qualcosa lì fuori che ricambia lo sguardo. ma cosa? «L'antagonista, ossia “la realtà che ricambia lo sguardo”, non è altro, in definitiva, che la morte». [Y.Mishima, Sole e Acciaio]


[...] 

tu ora non sei più, ma nella stanza vuota in fondo al corridoio Lui, seduto sul letto
la mia voce, i tuoi gesti, la tua voce - dove sei? - la tua voce
un vocabolario ripescato da un'alluvione
il gonfiore umido di un’amnesia
una radio nella stanza accanto che trasmette un esilio sconfinato
- ed io qui con lui, in ascolto

ma il suo corpo, soprattutto, il suo corpo di uomo-bambino
il suo corpo già dato è lo spazio che lo accoglie dilatandosi
una labilità di presenza fisica che bisognerebbe dargli un nome per tenerlo qui
un nome qualsiasi solo per resistere al disfacimento

catastrofe senza narrazione, qualcosa che viene prima del linguaggio
la parola per chiaro di luna è chiaro di luna 
qualcosa che non accade, una stupefazione dispiegata dinanzi all'urlo del mondo
al non-come-se delle cose
che se ti capitasse di cercarlo lungo strade deserte, attraverso campi sterminati di mirtilli, lontano, potresti vederlo capovolto come un occhio prima che la mente intervenga
qualcosa sta succedendo, è successo, succederà

poi succede che qualcosa si rompe e comincio a rispondere al telefono con la sua voce
ora che lui non è più

[...] 

ciò che resta è il mio corpo
lo scenario della disfatta, l'estenuante campo di battaglia dove tornano i generali all'alba di ogni sconfitta, una cosa bella e problematica
dopo che ve ne siete andati, ora che il mio corpo è la pellicola, è ciò che resta nel distacco esatto, lento, inesorabile di un adesivo, l’avanzo che opprimo e che mi opprime
e questa è l’arte, forse 
tutto ciò che faccio al mio corpo è riduzione e rimozione - tutti i miei gesti meccanici -
è dare narrazione all'esistenza, qualcosa che è l’esistenza stessa, solchi profondi che scandiscono 

il prima-adesso-dopo 

eliminare i residui organici / rendersi trasparenti / tabula rasa 

e l’arte del corpo - ovvero - il corpo dell’artista
il mio. 


Riccardo Bolo

in attesa del n. 2 di Capperi! 

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